la Douphine sarà pronta per l'inverno - L'Europeo N°43 -1958

Giulio84
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la Douphine sarà pronta per l'inverno - L'Europeo N°43 -1958

Messaggioda Giulio84 » 05 gen 2014 21:36:31

Gianni Roghi su L'europeo N°43 del 1958

ABBIAMO INTERVISTATO IL DIRETTORE GENERALE DELL’ALFA ROMEO

SARÀ PRONTA PER L’INVERNO

La “Dauphine Alfa Romeo” comincerà a correre sulle nostre strade nel prossimo inverno. Le trattative tra la casa milanese e la Renault di Billancourt si sono concluse nei giorni scorsi dopo una elaborazione di sette otto mesi. Sono state le prime intraprese tra una azienda italiana e una francese. L’ombra del Mercato Comune ha fatto da catalizzatore. “La volontà politica”, dice l’ingegner Franco Quaroni, direttore generale dell’Alfa, “ha condizionato i fatti economici. Sta succedendo il rovescio di quanto il mondo si era abituato a vedere”. La piccola Dauphine, “la più insolente in curva”, come dicono i francesi, affronterà per prima il cammino ignoto della collaborazione industriale automobilistica fra due paesi confinanti. Perché l’Alfa ha scelto la Renault? “Ci siamo scelti insieme”, dice l’ingegner Quaroni. “Noi pensavamo da tempo alla faccenda del MEC, e ci sentivamo disponibili per l’esperimento. Il nostro problema era di trovar piacere ed essere piaciuti”. Fa un gesto largo, e in milanese aggiungo: “L’è come sposarsi. Perché si sposa una tosa invece di un’altra?”La ragione dello sposalizio sta nell’incontro di due interessi diversi ma convergenti: se l’Alfa ha l’ambizione di sfruttare il successo di questi anni nel più vasto ambito della piccola cilindrata, la Renault mira ad imporsi in patria anche con una vettura brillante, di media cilindrata, capace di confermare le doti di “aggressività”, “disinvoltura” e “sfrontatezza” di cui fa vanto pubblicitario la sua Dauphine: fabbricherà la Giulietta. Non si tratterà di fabbricazioni totali, comunque; in entrambi i casi, Alfa e Renault produrranno solo alcune parti delle vetture e procederanno al montaggio.
“Per ora”, dice l’ingegner Quaroni. “faremo solo la Dauphine. L’esperimento ha delle incognite, vogliamo fare i passi con cautela, partiremo con la produzione di qualche migliaio all’anno, poi deciderà il favore del pubblico”. Chiediamo se la fabbricazione della Dauphine italiana pregiudica quella della famosa 750 di cilindrata dell’Alfa, della quale si sente parlare a ogni volgere di stagione. Il direttore dell’Alfa sorride: “A parte il fatto che ogni azienda automobilistica ha sempre in progetto non una, ma molte nuove macchine, a scopo di studio e di prova, le ricorderò una cosa che molti non sanno. La famosa 750 Alfa Romeo non è che la Giulietta. Ancora oggi, su tutti i nostri disegni, la Giulietta è chiamata da noi “750”. Così ci sono la 750 A, la 750 B, eccetera”. Ma perché? “Quando stavamo per uscire, non volevamo far sapere i nostri piani. Così abbiamo fatto del fumo”. Le nebbie fumogene delle battaglie industriali. “L’Alfa continuerà a studiare anche piccole cilindrate?” chiediamo. “La fabbricazione della Dauphine non avrà il minimo influsso sui nostri lavori normali”.
La Dauphine italiana non rimarrà quella che circola oggi in Francia: l’Alfa Romeo ha una tradizione di brillantezza, viene dalle corse, non le ha dimenticate, ancora oggi le “Giulietta” vincono le gare con una disinvoltura unica sul mercato delle vetture turistiche. Nulla è deciso finora “ Le idee sono tante”, dice l’ingegner Quaroni “ma di concreto non è stato stabilito ancora nulla”. La cilindrata rimarrà comunque la medesima: 845 centimetri cubi. Verrà, semmai, potenziato il motore. “In Francia”, aggiunge Quaroni, “si fa già, per esempio, la Dauphine Gordini, che ha appunto un motore potenziato”. E la carrozzeria? Non si può sapere, è ancora presto. Le modifiche eventuali, ad ogni modo, saranno solo ritocchi: la Dauphine infatti è ormai una vettura quasi perfetta nel suo genere, come dimostra la produzione di 187.926 unità nell’anno scorso, tuttora in aumento. La Dauphine è nata nel marzo 1956, e in meno di tre anni ha raggiunto e superato il mezzo milione di unità vendute, ottenendo un favore eccezionale anche negli Stati Uniti. Dagli stabilimenti modernissimi di Flins escono ogni giorno millequattrocento Dauphine, una ogni venticinque secondi (per un rapporto: la Fiat sforna cinque-seicento “600”al giorno).
Quanto costerà? Oggi la Dauphine in Italia chiede un milione e centomila lire. “È logico che, fabbricata in casa, costerà molto meno”, dice l’ingegner Quaroni ma di più non gli è ancora possibile dire, non per cautela, ma per l’impossibilità materiale di valutare oggi tutti i fattori che si manifesteranno a lavorazione iniziata. La concorrenza si potrà comunque esercitare sulla 1100 Fiat, non certo sulla Seicento. Le prestazioni della Dauphine Alfa Romeo saranno infatti notevolmente superiori a quelle di una vera e propria piccola cilindrata. La Dauphine attuale marcia a una velocità effettiva di 115 chilometri all’ora (da quando è comparsa sulle strade, non ha avuto rivali nella Mille Miglia, e ha conseguito, fra molte altre vittorie di categoria, la vittoria assoluta nel Rallye di Monte-Carlo 1958). “La concorrenza autentica”, precisa l’ingegner Quaroni, “sarà soprattutto nel consumo. La Dauphine consuma realmente sei litri per cento chilometri”. Il basso consumo è infatti uno dei maggiori argomenti di vendita della vetturetta d’oltr’alpe, e i suoi ideatori ne furono consapevoli fin dalla progettazione. La carrozzeria liscia, aerodinamica, e lo scarso peso dell’insieme sono appunto il risultato di un lavoro indirizzato all’economia dei consumi. La Dauphine ha peraltro quattro porte, un abitacolo confortevole, un bagagliaio ampio nella parte anteriore (la ruota di scorta è alloggiata in una cavità sottostante, alla quale si accede ribaltando la targa). Il peso totale della vettura è di seicentotrenta chilogrammi. Il motore, come si sa, è posteriore, con raffreddamento ad acqua.
Il programma Dauphine è la parte preponderante negli accordi tra la casa milanese e la Renault, ma non è il solo. La casa francese commissionerà infatti all’Alfa delle serie di motori Diesel, che verranno costruiti nello stabilimento ex Imena di Napoli, oggi in fase di riallestimento. Questi motori Diesel saranno montati dalla Renault stessa, in Francia, sui propri automezzi industriali. Due produzioni specializzate dovranno consentire di tenere bassi i rispettivi costi, così che anche l’Italia potrà ottenere la produzione industriale Renault a prezzi accessibili (pensiamo potrà trattarsi di autocarri, di trattori, eccetera).
A questo punto chiediamo all’ingegner Quaroni quale sia il fondamento delle voci, raccolte dalla stampa, su certe manovre ad alto livello per togliere l’Alfa Romeo all’IRI e incamerarla nei quadri dell’industria privata. “Non ne sappiamo niente, noi che lavoriamo qui”, dice diplomaticamente il direttore generale, e aggiunge dopo una pausa: “Cosa vuole, oggi l’Alfa fa gola. Facciamo ventisette, ventottomila macchine all’anno, le facciamo bene, il pubblico ci segue, non riusciamo a tener testa alla domanda. Lei sa il tempo che occorre per avere, dopo la prenotazione, una Giulietta. Cosi può esserci qualcuno che armeggia. Ma sono cose che non si svolgono al livello dei direttori generali, sono cose politiche”, e l’ingegnere fa un segno col pollice verso sud, come per indicare Roma.”Un’ultima domanda”, diciamo. “L’accordo con la Renault rappresenta una contromanovra per bloccare questi armeggi, è una specie di salto della quaglia per imporre una realtà industriale ed economica ad operazioni d’altra natura?”. La risposta è netta. “Certo no. Le trattative con la Renault cominciarono, come le ho detto, ai primi del ’58, quando nessuna voce girava per i corridoi. E noi ci pensavamo mesi e mesi prima. Da quando, si può dire, leggemmo sui giornali che il MEC si faceva sul serio. Noi continuiamo a lavorare e a guardare al futuro, senza volgerci intorno. Di voci ce ne sono tante su di noi, l’ultima è quella che la Duemila non uscirà. Bene, vuole che andiamo in stabilimento? La vedrà sulla catena di montaggio”.

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