Personaggi famosi e Alfa Romeo

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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 28 set 2015 11:41:48

B.B. sul set de "Il disprezzo"
BBSetIlDisprezzo.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda rossogamba » 01 ott 2015 17:34:43

Una lettera datata 24 settembre 1931 di Ercole Boratto (l'autista personale del Duce) a Prospero Gianferrari, Direttore Generale dell'Alfa Romeo:

"Ill.mo On. Gianferrari, con questa spedisco una lettera anche all'Ing. Jano, per avvisarlo di un grave inconveniente che la nuova Alfa presenta in viaggio. Avendo dovuto recarmi a Forlì con S.E. per tre volte si rovesciarono i biscottini delle balestre posteriori, e lei s'immagina che delizia sotto la pioggia doverli rimettere a posto, e quanto tempo perso per la strada, con relativi nervi di S.E.. Per tutto il resto la macchina è stata di piena soddisfazione del Capo, che anzi mi incarica di fare i suoi elogi all'Ing. Jano. Però lei cogli elogi, gli faccia un piccolo discorsetto, perché non avrebbe dovuto farmi partire, sapendo che la macchina presentava quel difetto, e se qualche modifica si deciderà di fare occorre che pensino subito a me. Ora noi proveremo a fare una piccola riparazione suggerita per telefono dal sig. Venier colla speranza che serva a qualcosa. Le scriverò prossimamente per la fattura. Ossequi suo devoto Ercole Boratto"

20151001.jpeg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda rossogamba » 01 ott 2015 17:38:12

Un'immagine della stessa giornata dove S.E. Benito Mussolini alla guida della vettura, con a fianco il fido Ercole Boratto, si accinge a fare ritorno a Roma dopo aver inaugurato l'Opera Nazionale Balilla a Forlì

20151001 1.jpeg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 02 ott 2015 18:17:32

Gianni Dall'Aglio e i Ribelli
RibelliDell'Aglio.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda rossogamba » 05 ott 2015 18:32:07

Gigi Riva

12107973_763476070444920_5725336648733540204_n.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Giulio84 » 04 nov 2015 01:49:57

24 giugno del 1965
i Beatles a Milano

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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Giulio84 » 04 nov 2015 01:51:14

il giornalista sportivo Sandro Ciotti scrive un pezzo seduto sul sedile posteriore di una Giulia della RAI
Sandro Ciotti.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 09 nov 2015 22:26:18


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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda rossogamba » 15 nov 2015 18:34:19

Vittorio Emanuele di Savoia con una GTA

20151115_175609.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 18 nov 2015 16:56:29

Continuiamo con le teste coronate...notare il cofano trasparente da esposizione della 1900
[ img ]

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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Giulio84 » 11 dic 2015 22:09:27

juventus nello stadio di Legnano. il campionato potrebbe essere quello del 51/52 oppure quello del 53/53

13066078503_48ebb9f616_o.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 30 dic 2015 15:38:48

Re V.E.III con Italo Balbo
reitalobalbo.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 06 gen 2016 09:32:41


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Messaggioda Giulio84 » 14 gen 2016 10:26:35

Visto che in altro post abbiamo ricordato due presidenti dell'IRI, Petrilli e Prodi, qui inserisco un immagine di Pietro Sette
che fu presidente dell'IRI (1979 - 1982) tra il mandato di Petrilli e quello di Prodi

la fotografia lo ritrae nel 1976 mentre era presidente dell'ENI
Pietro Sette 76.JPG


chi era Pietro Sette?

Pietro Sette (Santeramo in Colle, 10 aprile 1915 – Altamura, 1º dicembre 1984) è stato un dirigente d'azienda italiano, con una particolare presenza nelle Partecipazioni statali, essendo stato presidente dell'EFIM dal 1962 al 1975, dell'ENI dal 1975 al 1979 e dell'IRI dal 1979 al 1982.
In gioventù terzino del Bari, si laureò in Giurisprudenza, specializzandosi in diritto commerciale, con particolare attenzione al diritto societario. Politicamente vicino alla Democrazia Cristiana, fu amico personale di Aldo Moro. Fino al 1950 si dedicò alla carriera universitaria, interessandosi nel dopoguerra ai problemi di riconversione dell'industria bellica. Nel 1950 fu nominato commissario della Breda, dove intervenne decidendo la chiusura della sezione aeronautica e traghettando l'azienda al nuovo ente statale EFIM. Fu presidente della Carbosarda, altra azienda che entrò a far parte dell'EFIM, alla cui presidenza Sette fu nominato nel 1962 e dove rimase fino al 1975. Dal 1959 al 1974 fu membro del Consiglio di Amministrazione dell'ENI, dove si adoperò nelle trattative per gli accordi commerciali conclusi con l'Iran.
Nel 1975 fu nominato presidente dell'ENI, in un periodo delicato per l'azienda, che si concluse con il dispendioso salvataggio EGAM. Sette fu particolarmente prudente ed attento agli equilibri di potere, cercando di gestire i contrasti che emergevano all'interno della dirigenza ENI.
Nel gennaio 1979 sostituì Giuseppe Petrilli alla presidenza dell'IRI, dove contribuì alla riflessione sulle pratiche di gestione che avevano portato l'Istituto ad accumulare una pesante situazione debitoria ed a richiedere allo Stato fondi per ripianare le perdite; nel settembre 1982 fu sostituito nell'incarico da Romano Prodi. Pietro Sette morì in un incidente stradale il 1º dicembre 1984 insieme al professor Agostino Curti Cialdino delle Tratte, preside della facoltà di giurisprudenza dell' Università Lateranense.


Interessante è questo articolo di ricordo a sei anni dalla sua morte ( vi invito a fare attenzione al fatto che tra i presenti non è citato il suo successore all'IRI)

la Repubblica.it > 1991 > 03 > 20 > ...
SETTE, L' UOMO CHE REGNO' SU TRE ENTI
ROMA A poco più di sei anni dalla scomparsa avvenuta nel dicembre del 1984 in seguito a un incidente stradale nei pressi di Altamura (Bari) si riparla di Pietro Sette, l' abile avvocato pugliese che per tredici anni, dal 1969 al 1982, ha incarnato la figura del manager pubblico, quello che allora veniva felicemente definito il boiardo di Stato. La sua è stata un' esperienza unica, iniziata con la presidenza dell' Efim, passata per quella dell' Eni e conclusa con quella dell' Iri. Ieri mattina nella sede del Banco di Roma c' era tutto il Gotha delle Partecipazioni Statali a onorare gli Scritti in memoria di Pietro Sette, presentati da uno dei suoi due più fedeli collaboratori, Antonio Zurzolo, ex direttore generale dell' Efim e poi dell' Iri e adesso presidente dell' istituto di credito romano. L' altro collaboratore è l' attuale amministratore delegato dell' Alitalia, Giovanni Bisignani, suo assistente all' Eni e all' Iri, conosciuto al Mit di Boston. La necessità di un vasto impegno di razionalizzazione di presenze molteplici, storicamente inserite in un gruppo di grandi dimensioni come l' Iri ha affermato l' attuale presidente di questo ente, Franco Nobili appariva chiara a Pietro Sette, di fronte alle prospettive di una crescente internazionalizzazione economica. Avvocato internazionalista tra i più apprezzati, vecchio amico di Aldo Moro, Sette era nato a Bari nel 1915. Laureatosi in giurisprudenza nel 1937, a partire dal 1944 si occupò di revisione e organizzazione aziendale. Nel 1950 fu nominato presidente della società Ernesto Breda, sul cui risanamento costruì l' Efim, ente del quale fu presidente per sei anni. Negli anni Cinquanta l' avvocato barese aveva collaborato con Enrico Mattei per innovare le regole internazionali del' industria petrolifera. Così nel 1975, su indicazione dell' allora ministro delle Partecipazioni Statali, Antonio Bisaglia, fu nominato presidente dell' Eni, con il compito di sciogliere le difficili eredità di Girotti e Cefis, liquidando le ultime non limpide vicende legate alla scalata alla Montedison. Scrupoloso esecutore delle leggi, uomo cauto e attento agli equilibri politici fino ad essere accusato di immobilismo dai dirigenti dell' ente, Sette il monsignore è rimasto alla guida dell' Eni per tre anni. Nel dicembre del 1978 ben cento deputati democristiani, alcuni repubblicani e qualche comunista, chiesero la sua riconferma alla guida dell' ente petrolifero. Ma nel gennaio del 1979 Sette fu dirottato alla guida dell' Iri, il maggiore tra gli enti a partecipazione statale. Vi rimase poco più di tre anni, perchè nel settembre del 1982 fu sostituito con Romano Prodi.
e b
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Giulio84 » 17 gen 2016 13:20:08

Continuiamo con la serie degli avvoltoi che svolazzavano sull'Alfa Romeo

Antonino Pietro Gullotti detto Nino (Ucria, 14 gennaio 1922 – Roma, 9 agosto 1989) è stato un politico italiano della Democrazia Cristiana, deputato dal 1958 fino alla morte, numerose volte Ministro.

nel 1973 Ministro delle partecipazioni statali

Queste le tappe della sua carriera politica:

1951 segretario provinciale della DC messinese
1954 segretario regionale della DC siciliana nonché consigliere nazionale della DC
1960 membro della direzione centrale della DC
1972 Ministro dei lavori pubblici
1973 Ministro delle partecipazioni statali
1975 Ministro della sanità (in questo periodo viene varata la prima legge contro il fumo, l'11-11-1975)
1976 Ministro dei lavori pubblici
1978 Ministro delle poste e delle telecomunicazioni
1979 vicesegretario nazionale della DC
1983 (fino al 1987) Ministro per i beni culturali
Tra i fondatori nel 1958 della corrente dorotea, si avvicinò sempre di più ad Aldo Moro e Benigno Zaccagnini e successivamente a Ciriaco De Mita. Uomo potente ma discreto, scrissero di lui che possedeva "il 41 per cento delle tessere bianche in Sicilia". Calogero Mannino (che firmò un articolo di commemorazione sull'organo ufficiale della DC Il Popolo, il giorno dopo la sua morte) lo descrisse in questi termini: "sua regola fu la tolleranza senza debolezze, il rispetto per gli altri e per le ragioni degli altri. La lezione del suo impegno politico, rimane fondamentale per tutti. Fondamentale la sua lezione di umiltà come signorilità".

Francantonio Genovese già sindaco della città di Messina e salito alla ribalta delle cronache giudiziare degli ultimi anni è suo nipote...

Antonino Gullotti 71.JPG



Qui di seguito l'intervista a Giuseppe Sala dove cita i fatti di quel 1973:

Archivio > la Repubblica.it > 12 Ottobre 2002
'Così hanno distrutto un mito'
«La morte dell' Alfa Romeo, il calvario di Arese, sono cominciati nel 1973». Non ha dubbi Enrico Sala, 75 anni, ex direttore commerciale dell' Alfa Romeo, in fabbrica dal ' 55 all' 80. Genero di Guseppe Luraghi (lui e Liliana Luraghi si sposarono nel ' 54) il mitico presidente della casa del biscione negli anni del miracolo economico, Sala è in grado di raccontare da vicino una storia che ha segnato il destino dell' azienda. Dottor Sala come mai l' Alfa sarebbe morta nel ' 73? Cosa accadde in quell' anno? «Tutto iniziò il 7 agosto. Luraghi era a Madonna di Campiglio quando mi raccontò di aver ricevuto una strana telefonata dalla Finmeccanica, il nostro azionista». Un' azionista pubblico, non è vero? «Sì, e come vedremo non si trattava di un dettaglio. A ogni modo la Finmeccanica disse a Luraghi che il Cipe aveva bocciato il nostro piano industriale che prevedeva 112 miliardi di investimenti ad Arese per il potenziamento della verniciatura. Luraghi mi disse: "è molto strano. Non riesco a capire il perché di questa cosa"». E poi scopriste cosa stava accadendo? «Altroché! Intanto quel "no" era la bocciatura dell' ampliamento di Arese: un errore grande così perché minava l' economicità dell' impianto. Ma in realtà si trattava semplicemente di un pretesto per affermare degli interessi politici. Come è raccontato nel libro di Rinaldo Gianola dedicato a Luraghi il siluro ad Arese arrivava da Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni Statali». Cosa c' entra De Mita? «De Mita e Gullotti volevano che l' Alfa Romeo costruisse uno stabilimento nella zona di Avellino (la provincia di De Mita ndr) dove trasferire la produzione dell' Alfetta. Si trattava di una follia: spostare 70 mila vetture da Arese ad Avellino voleva dire perdere un mucchio soldi. E condannare la fabbrica milanese a lavorare in perdita». Non è che il Cipe voleva semplicemente evitare un buco nei bilanci del' Alfa? «Dal ' 61, l' anno in cui Giuseppe Luraghi arrivò alla presidenza dell' Alfa fino al ' 72 i bilanci furono sempre in attivo. E questo nonostante si facessero forti investimenti e robusti ammortamenti. Anche l' Alfasud di Pomigliano fu un successo. Nel ' 73 l' Alfa produceva 200 mila vetture, più della Bmw che ne produceva 182 mila». Ci furono altri segnali dei desideri dei politici? «Fu lo stesso Gullotti a dire a Luraghi che bisognava costruire un nuovo stabilimento in provincia di Avellino. Mentre il presidente dell' Iri Giuseppe Petrilli e i vertici della Finmeccanica cercavano di convincerlo a dirsi d' accordo con la costruzione della fabbrica in Irpinia. E poi a temporeggiare senza prendere impegni sui tempi del progetto». Perché Luraghi non accettò il compromesso? «Era convinto che in questo modo, come era già avvenuto per il centro siderurgico mai costruito di Gioia Tauro, si sarebbero create delle aspettative irrealizzabili nel Mezzogiorno». Come andò a finire? «Luraghi si rivolse a Fanfani spiegandogli le irragionevoli richieste dei politici che avrebbero portato l' Alfa alla rovina. Allora Fanfani prese il telefono e chiamò Gullotti davanti a Luraghi. Gullotti disse che tutto dipendeva dall' Iri di Petrilli che voleva costruire la fabbrica in Irpinia. Fanfani riattaccò e chiamò Petrilli che rispose addossando tutte le responsabilità su Gullotti... Fu uno squallido scaricabarili». Intanto nel novembre del 1973 si consumava la guerra del Kippur con la crisi energetica e le domeniche a piedi. «In quella situazione la fabbrica ad Avellino sarebbe stata una follia. Comunque a gennaio del '74 ci fu l' imboscata in consiglio di amministrazione: sette consiglieri fedeli alla Finmeccanica si dimisero a sorpresa estromettendo poi Luraghi dalla presidenza». Insomma, per lei Sala la morte dell' Alfa e lo smantellamento di Arese cominciano in quei giorni. Perché? «Insieme a Luraghi se ne andò quasi tutta la squadra: una ventina di dirigenti molto bravi e coesi che sarebbero stati sostituiti poco a poco da un nuovo management politicizzato, attento a non scontentare i partiti. Da allora l' Alfa Romeo cominciò a perdere sempre di più fino alla vendita alla Fiat». E poi si costruì anche lo stabilimento di Avellino, non è vero? «Si, ma venne costruito dopo un decennio per produrre l' Alfa Nissan. Fu un disastro: invece di 50 mila auto all' anno ne vennero fabbricate 23 mila. E dopo un paio d' anni la fabbrica venne chiusa. Per forza: la Nissan ci aveva dato la Cherry, una brutta auto che in Giappone non era più in produzione». E della vendita alla Fat cosa ne pensa? «Io ero favorevole alla Ford. Pensavo che in questo modo l' Alfa Romeo sarebbe diventata il marchio sportivo della Ford e che in questo modo avremmo salvato Arese e le altre fabbriche. Luraghi, no, lui preferiva la Fiat». Perché? «Luraghi temeva che con la vendita alla Ford sarebbe successo quello che sta accadendo in questi giorni. E cioè la fine dell' industria automobilistica nazionale e l' arrivo degli stranieri. Se penso che la Fiat ha comprato l' Alfa nel 1987 per soli 1.050 miliardi a tasso zero pagati in cinque anni a partire dal 1992... è stato un regalo: ci pensa? Ai tassi di quegli anni».
GIORGIO LONARDI





qui invece una ricostruzione trovata a commento di un articolo dove viene ricostruita la vicenda:

Nell'agosto 1973, «un mese in cui - dirà Luraghi - si compiono molti misfatti politici approfittando delle assenze», il neoministro delle Partecipazioni statali, Antonio Gullotti, detto Nino, si fa vivo per telefono con il presidente dell'Alfa Romeo in vacanza a Madonna di Campiglio. Gullotti è un democristiano e non uno qualunque, è il principale esponente doroteo della Sicilia; fa parte del governo Rumor, un quadripartito di centrosinistra, varato all'inizio di luglio dopo le dimissioni di Andreotti; è scapolo, ha passato i cinquanta, è calvo e appassionato di musica classica; Enzo Biagi lo definirà «riservato, senza esuberanze meridionali, abile ad amministrare il potere evitando il clamore». Al suo primo incontro con i dirigenti delle aziende pubbliche Gullotti si presenta in questo modo: «Sono un politico, non ho mai visto una fabbrica, quindi aiutatemi». E al telefono comunica tranquillamente a Luraghi che l'Alfa Romeo «doveva impegnarsi a costruire un nuovo stabilimento ad Avellino».
In quel periodo la situazione economica è estremamente delicata. E lo diventerà ancora di più. La lira è appena uscita dal «serpente monetario» voluto dalla Comunità europea e fluttua liberamente; la «troika» economica formata dai ministri La Malfa, Giolitti e Colombo avvia una serie di misure per fronteggiare la grave inflazione e il deficit pubblico; sta per scoppiare la guerra del Kippur che provocherà una impennata dei prezzi del petrolio, aggravando la bilancia dei pagamenti italiana dipendente dall'estero per le fonti di energia; la Banca d'Italia è decisa a innalzare il tasso di sconto e lo farà in breve tempo portandolo dal 4 per cento al 6,5 per cento; sono allo studio misure di austerità che poi saranno adottate qualche mese più tardi: dall'introduzione dei limiti di velocità sulle autostrade al divieto di circolazione di macchine e moto nei giorni festivi, dalla chiusura alle 23.00 di cinema e trasmissioni televisive al varo negli uffici dell'orario unico. Ma in quel mese di agosto i politici, o almeno alcuni politici meridionali, sono impegnati in altre faccende. E così il CIPE prende una decisione in contrasto con i programmi approvati dal Parlamento. Ritiene cioè che il progetto per il completamento e l'ammodernamento dello stabilimento di Arese sia «difforme dagli indirizzi della programmazione nazionale». «Una decisione politica», riconoscerà mesi dopo Ciriaco De Mita, all'epoca ministro dell'Industria, con Guido Cerosa. Il CIPE trasmette questo parere all'IRI dove c'è sempre il solito Petrilli, pronto a dire di sì ai politici che contano. Per farla breve, alcuni democristiani meridionali intendono ridimensionare Arese, spostare alcune produzioni da Arese a Pomigliano e costruire un nuovo stabilimento dell'Alfa Romeo in provincia di Avelline, area elettorale del ministro De Mita. Negli anni Ottanta De Mita, originario di Nusco, sarà anche presidente del Consiglio e verrà definito da Gianni Agnelli, ormai diventato per tutti semplicemente l'Avvocato, con una battuta fulminante: «Un intellettuale della Magna Grecia». Una frase subito corretta da Montanelli: «C'è una parola di troppo, la Grecia».
Luraghi cerca di opporsi a quel diktat politico voluto, dirà, «solamente per favorire l'elettorato dell'onorevole De Mita». Definisce quelle scelte «irresponsabili e assurde che avrebbero creato una situazione tale da portare la società allo sfacelo, alla perdita della sua vitalità e alla creazione di buchi spaventosi nei conti economici che sarebbero stati a carico di tutti i cittadini». Si rivolge anche ad Amintore Fanfani, segretario della DC, il quale, racconterà Luraghi, «capì perfettamente la situazione, in mia presenza chiamò al telefono il ministro Gullotti e gli disse che aveva saputo della bestialità che si voleva imporre all'Alfa Romeo, ripetendo la pessima figura fatta fare alla Democrazia Cristiana col disastroso caso dell'impianto siderurgico a Gioia Tauro. Gullotti gli rispose che le richieste all'Alfa venivano da Petrilli. Allora Fanfani chiamò Petrilli e gli ripetè lo stesso discorso fatto a Gullotti. Il presidente dell'IRI rispose che, viceversa, l'imposizione veniva dal ministro delle Partecipazioni statali: un perfetto gioco di scaricabarile».
Inizia così il braccio di ferro tra il governo e l'IRI da una parte e Luraghi dall'altra. Con scambi di lettere e di parole anche pesanti. Un giorno Petrilli scriverà a Luraghi: «La direttiva dell'IRI è di abbinare nella misura massima possibile il ridimensionamento della futura occupazione di Arese con lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, in aderenza alle linee della politica generale del Paese». In un'altra occasione il solito Petrilli spiegherà a Luraghi che alla copertura delle «diseconomie prevedibili» con la nuova iniziativa avrebbero provveduto gli organi competenti. Avrebbero in sostanza pagato i contribuenti italiani. Luraghi continua a opporsi al programma di alleggerire di 70 mila auto la produzione di Arese a favore della Campania; chiarisce che in questo modo «si condanna Arese a una dimensione ritenuta non economica e insufficiente»; insiste nel sostenere che si tratta di «duplicare investimenti per decine di miliardi e di affrontare costi supplementari irragionevoli per un Paese povero come il nostro, in cui per mancanza di mezzi non si fanno ospedali e scuole»; dice a Petrilli che «le nuove direttive non sono certo del governo ma di pochi ben individuati membri del governo»; parla di «una svolta improvvisata» derivata da «una non sana e lungimirante concezione delle necessità del nostro Paese». Petrilli ribatte che si tratta solo di tenere calmi i politici e di promettere «per disciplina» che l'investimento sarebbe stato fatto senza fissarne però i tempi di esecuzione; dice persino che l'iniziativa avrebbe avuto la stessa sorte «come per l'acciaieria di Gioia Tauro». Non si sarebbe fatto cioè niente.
Luraghi non è tipo da accettare simili compromessi e rifiuta. Petrilli, Gullotti e De Mita insistono. E si arriva allo show down del 24 gennaio 1974: Luraghi viene defenestrato dal vertice dell'Alfa. Non viene cioè rieletto insieme ad altri componenti del consiglio di amministrazione. «Una sleale defenestrazione», scriverà sul Corriere della Sera Cesare Merzagora, sottolineando subito come in questo modo «aumenterà la crisi della grande fabbrica milanese» e invitando Petrilli a pensare piuttosto, a causa dei guai provocati dall'impennata dei prezzi del petrolio, a mettere in piedi «una fabbrica di monopattini che a una nuova fabbrica di auto». In sostanza, Luraghi è allontanato dall'azienda non per qualche errore (quello dell'Alfasud, per esempio, che sarebbe stato, almeno col senno di poi, comprensibile) ma perché il suo tipo di management è troppo autonomo per i politici e per i sindacalisti. C'è persino chi proverà a negare l'evidenza dei fatti come il presidente di Finmeccanica, Giuseppe Tupini, il quale dirà con una incredibile faccia di bronzo: «Nelle vicende Alfa la politica non entra per nulla». E suggerirà il successore di Luraghi: Ermanno Guani, un sessantenne originario dell'Elba, presidente dell'industria cantieristica navale, assiduo pendolare in jet tra Roma e Genova, sposato con Maria Denis - un'attrice del tempo dei telefoni bianchi - e conosciuto soprattutto nel mondo golfìstico per essere il presidente di uno dei più esclusivi circoli europei, il Golf Club Roma all'Acquasanta.
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Sandrino » 17 gen 2016 18:56:44

Michelangelo Antonioni e Monica Vitti al tempo del loro sodalizio artistico e sentimentale, su Giulia Sprint GT:

monica_anto_red.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Sandrino » 17 gen 2016 19:05:26

Françoise Hardy

francoise[3].jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda Andrea78 » 17 gen 2016 20:50:09

Che tristezza e che senso di vonito mi pervadono ogni volta che leggo le vicende dell'inizio della fine dell'Alfa... :cry: :cry:

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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda giuliasuper69 » 21 gen 2016 16:24:08

Decisamente ad Annie Girardot le Alfa piacevano...dopo la foto con la Giulia di qualche post precedente eccola con la Sprint nella meravigliosa Place de Vosges a Parigi
annie girardot.jpg
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Re: Personaggi famosi e Alfa Romeo

Messaggioda rossogamba » 01 feb 2016 21:32:46

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